Nel centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, l’ASP IMMeS e Pio Albergo Trivulzio presenta la mostra La Grande Guerra al Pio Albergo Trivulzio, un racconto per immagini degli anni in cui l’Istituto ha offerto il suo soccorso come ospedale militare.
La mostra rimarrà aperta da sabato 13 ottobre a venerdì 30 novembre
Inaugurazione con aperitivo, venerdì 12 ottobre 2018 - Ore 18.00
Tutti i giorni, dalle ore 9.30 alle ore 19.30
presso il Pio Albergo Trivulzio
via Trivulzio, 15 - Milano
L’iniziativa, realizzata dal Museo Martinitt e Stelline, in collaborazione con Comitato Amici del Trivulzio Onlus, Auser Milano, Milano Attraverso e Associazione ex Martinitt e ex Stelline, nell’ambito della rassegna Novecento italiano e coinvolta nell’Anno europeo del patrimonio culturale 2018 dal Ministero per i beni culturali e le attività culturali, verrà presentata in anteprima venerdì 12 ottobre, a partire dalle ore 18.00. Dal palco dell’Auditorium G. Porta del Pio Albergo, interverranno Giuseppe Armocida, medico, docente di storia della medicina, Luigi Ferlin, Presidente di Auser Milano e Cristina Cenedella, responsabile degli archivi del Trivulzio, Martinitt e Stelline e del Museo Martinitt e Stelline.
UNA GUERRA DI TRINCEA
Il 23 maggio 2015, il Regno d’Italia dichiara guerra all’Impero Austro-Ungarico, entrando così in quel conflitto che presto divenne la Prima Guerra Mondiale, prima per i tanti tristi primati che l’accompagnarono (per numero di nazioni coinvolte; per essere stata combattuta per terra, cielo, mari e perfino sotto i mari; per i molteplici fronti di combattimento, perfino in alta quota; per l’uso di nuove armi: carri armati, sottomarini, armi chimiche; per i bombardamenti aerei sulle città; per le ferite e le patologie riscontrate, e per molto altro ancora). Ma la Grande Guerra fu anche prima per l’uso di nuovi medicamenti, di nuovi alimenti e di nuovi mezzi di comunicazione. Fu sicuramente una guerra di posizione, di trincea, che coinvolse milioni di persone e che causò oltre 650 mila militari italiani morti, cui si vanno aggiunti oltre 1 milione di civili, deceduti per malattie (influenza spagnola) e malnutrizione e in misura assai ridotta per azioni belliche.
Neppure un mese dopo l’inizio del conflitto, anche il Pio Albergo Trivulzio entrò in guerra e divenne attore fondamentale nel sistema della sanità militare, affiancandosi quale ospedale militare di riserva alla complessa rete realizzata all’interno della città milanese che capillarmente con oltre 60 luoghi si trasformò in un complesso sistema ospedaliero, al fianco del principale ospedale militare, all’epoca collocato dove oggi sorge la sede dell’Universita’ Cattolica.
IL SISTEMA SANITARIO-MILITARE
La mostra è stata curata da Cristina Cenedella, che ha voluto presentare non solo gli accadimenti all’interno del Trivulzio, ma anche come la città e tutta la Nazione affrontarono il conflitto, che vide coinvolti in modo attivo il personale del Trivulzio e molti ex Martinitt, che andati al fronte mai più fecero ritorno a casa. “Il percorso è ampio e molto ben documentato”, sottolinea Marco Zanobio, che oltre ad essere presidente di Amici del Trivulzio, nella cui veste ha attivamente ha collaborato alla realizzazione dell’evento, è anche un appassionato di studi storico-medici: socio della Società Italiana di Storia della Medicina e dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, è stato relatore in diversi convegni, trattando proprio di tematiche legate alla Grande Guerra e alla medicina militare. “Il visitatore” osserva Zanobio, “ potrà vedere, attraverso la ricca documentazione fotografica, come fosse organizzato all’epoca il sistema sanitario militare italiano”. “Medicina e Guerra costituirono sempre un connubio indissolubile anche se, dal punto di vista scientifico, i primi trattati di medicina militare sono alquanto recenti: nel Medioevo compaiono le prime opere di medicina militare, ma probabilmente il primo trattato è del 1606, un manoscritto del medico milanese Cesare Bergamio (Tryglosson per il regimento dell’universale conservatione della sanità dell’Esercito), conservato alla Biblioteca Ambrosiana, che tratta di medicina e igiene militare, destinato ai militari e al personale sanitario in servizio presso l’esercito”. “La Mostra consente di comprendere il ruolo di ospedale militare di riserva, che nel caso del Trivulzio accolse oltre 35.000 militari feriti, provenienti dai diversi fronti. MIlano negli anni della Guerra accolse complessivamente circa 180.000 infermi: quindi ben si può comprendere il ruolo fondamentale svolto dal Trivulzio, che - inaugurato nel 1910 - costituiva l’ospedale più moderno e più all’avanguardia della città e forse non solo”.
Il Trivulzio ancora una volta diventa protagonista della storia milanese e non solo, grazie al fondamentale contributo offerto nella cura e assistenza ai militari feriti. La propria funzione andò oltre il 1918, infatti solo con il 1921 tutti i militari lasciarono il Trivulzio, consentendo così di ritornare alla propria originaria funzione. Nella mostra sono esposti per la prima volta al pubblico i registri sanitari dei militari feriti, con evidenza dei dati personali, delle informazioni di entrata in ed uscita dall’ospedale. Migliaia e migliaia di nomi, che nell’arco di 7 anni passarono per il Trivulzio.
“Ho avuto modo di partecipare nella creazione della mostra, ritrovando nei documenti conservati presso le Civiche Raccolte Bertarelli al Castello Sforzesco alcune cartoline d’epoca, dove compare la facciata del Trivulzio con indicato Ospedale Chirurgico Militare e sul retro un timbro recante Ospedale Militare di Riserva - Baggina - Amministrazione. Questa immagine oggi è esposta nei pannelli della mostra”, segnala Zanobio. I pannelli passano in rassegna l’organizzazione non solo del Trivulzio ma dell’intero sistema sanitario militare; inoltre una sezione è dedicata al ruolo delle donne, che ebbero un ruolo determinante nella vita del sistema sanitario ma soprattutto economico del Paese: i militari erano al fronte, le donne lavoravano nelle fabbriche. Alcune immagini sono anche dedicate al ruolo degli animali, perché il trasporto - soprattutto in quota (pensiamo al fronte della Guerra Bianca) - avveniva grazie a muli, cani, asinelli e via dicendo. La mostra infine dedica ampio spazio la sacrificio che i Martinitt offrirono alla Patria: nella lapide commemorativa posta nell’edificio di via Pitteri sono riportati i nomi di quanti caddero al fronte. Per ogni militare è stata predisposta una scheda biografica, resa possibile grazie alla scrupolosa ricerca condotta negli archivi del Museo dei Martinitt, dai suoi curatori e dai molti volontari che vi hanno collaborato. Fra questi spicca sicuramente la medaglia d’oro al valor militare, Roberto Cozzi, cui la città di Milano ha dedicato una via e alla cui memoria è intitolata la piscina, realizzata negli anni Trenta del secolo scorso, per lo svolgimento dei campionati littoriali di nuoto.
IL MAGGIORE FRA GLI OSPEDALI MILITARI DI RISERVA
Un documento che testimonia l’importanza del Pio Albergo Trivulzio durante gli anni della prima guerra mondiale è un articolo intitolato “Ospedali militari di riserva-nella Città di Milano una storia di eccellenza e umanità durante la Grande Guerra” pubblicato su l bollettino Omc e Omi 3/2011 luglio-settembre (il foglio dell’ Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano) a firma di Dario Cova e Ugo Garbarini. Il documento è stato “scoperto” da Zanobio.
Ma come raccontano il Trivulzio Cova e Garbarini? Come detto siamo nel maggio del 1915 e l’esercito italiano e quello austriaco si stanno battendo sul fronte che va dallo Stelvio al mare. A Milano il centro medico più importante è l’Ospedale Militare Principale, situato in largo Gemelli dove oggi sorge la sede principale dell’università Cattolica. A supporto di quella struttura in tutta la città vengono attrezzati gli Ospedali Militari di Riserve, il maggiore dei quali è proprio quello della Baggina). Scrivono i due autori: “L’autorità militare richiese la disponibilità del vasto complesso assistenziale per anziani e malati cronici denominato Pio Albergo Trivulzio (popolarmente definito “Baggina”) sollecitando il trasferimento dei suoi ospiti, i “Vecchioni”, nella sede di Porta Vittoria dell’Orfanotrofio maschile dei “Martinitt”, a loro volta sistemati nella casa di campagna di Canzo, in Brianza. Ma se il trasloco dei ricoverati anziani e autosufficienti era fattibile, più difficoltoso si presentava lo sgombero del Cronicario, dove erano assistiti per conto del Comune di Milano, oltre 800 malati inguaribili. A tale proposito si svolsero amichevoli trattative fra l’Autorità militare, le rappresentanze del Comune di Milano e della Pia Amministrazione che si conclusero con un accordo vantaggioso per entrambe le parti. Il Cronicario rimaneva nelle sue originarie strutture (edificio a sinistra entrando) lasciando libero l’edificio sulla destra (Ospizio dei sani) per l’allestimento di uno spazioso ospedale militare chirurgico di riserva, in grado di far fronte ad ogni possibile emergenza bellica, come poi avvenne. Il complesso residenziale, che aveva allora solo cinque anni di vita, era quanto di meglio poteva offrire la città di Milano: edifici moderni e funzionali, spaziosi e ben ventilati, con buona esposizione solare, strutture già attrezzate con impianti di base, che potevano, con appropriati adattamenti, essere utilizzati per le nuove esigenze medico-militari. Tre mesi dopo la sua istituzione per le drammatiche esigenze di guerra e le sopravvenute epidemie di colera, venne istituita una sezione contumaciale, portando a 1240 i posti letto normalmente disponibili. L’Ospedale funzionò sempre al gran completo, con la costante presenza di feriti gravi barellati: dal 22 agosto 1915 al 31 maggio 1921 i militari ricoverati furono ben 35.463 con un totale di 1.186.751 giornate di presenza.
Nel complesso i feriti ricoverati in chirurgia furono 19.463, dei quali 645 ufficiali, 16.909 di truppa e 2092 prigionieri di guerra. Da rilevare la percentuale estremamente bassa di decessi ove si consideri il numero e la gravità dei feriti: lasciarono la vita 4 ufficiali, 321 soldati e graduati e 98 prigionieri. La Città di Milano, con le sue strutture civili “militarizzate” e le Istituzioni sanitarie d’avanguardia, ebbe un ruolo di primo piano in quell’immane conflitto: un contributo, poco conosciuto, di eccellenza e umanità che è giusto ricordare. Nel giugno del 1918 le operazioni belliche sul fronte italiano furono caratterizzate dall’ultimo grande attacco austriaco dal significativo e minaccioso nome di “Operazione Radetzki”. Dopo sei giorni di inutile lotta gli austriaci abbandonarono il terreno e come disse Ludendorff “Per la prima volta avemmo la sensazione della nostra sconfitta.” Di lì a qualche mese Vittorio Veneto, la Vittoria!”.
IL MONUMENTO IN ONORE DEI MARTINITT
“Cento anni dopo la fine della Grande Guerra, arricchiamo le diverse celebrazioni dedicate a questa ricorrenza, condividendo il contributo offerto dal Pio Albergo Trivulzio in quel periodo, a sostegno dei militari feriti”. conclude Claudio Sileo, direttore Generale ASP IMMeS e Pio Albergo Trivulzio, “una testimonianza particolarmente importante perché per la prima volta viene data la possibilità al pubblico di conoscere questo tassello della storia di assistenza del nostro Istituto. Il prossimo 4 novembre coinvolgeremo anche i centenari ricoverati nelle nostre Residenze, daremo loro una medaglia per ricordare i cento e più anni di storia che hanno vissuto in prima persona. A ricordo dei dipendenti e degli orfani Martinitt coinvolti dal conflitto, inoltre, inaugureremo un monumento e una targa in loro onore.
- La foto di apertura è tratta dal bollettino dell’Ordine dei Medici di Milano su concessione della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli - Castello Sforzesco - Milano
- L'immagine del timbro è tratta da una cartolina conservata presso la Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli - Castello Sforzesco - Milano